C’era una volta, non molto tempo fa, una randagia che, “randagiando-randagiando”, posò il suo sguardo negli occhi pensierosi di una bimba seduta in un prato.
L’osservazione durò giorni, al termine dei quali la randagia decise di adottare la bambina ed ebbe così inizio la loro amicizia. Amicizia fatta di appuntamenti e di lunghe passeggiate fianco a fianco. Il tempo trascorso insieme fece credere alla “cucciola di umano” che la sua amica avesse proprio bisogno di lei. Si adottarono.
Alla bimba ci volle poco per comprendere che “quell’essere”, della vita ne sapeva molto più di lei, e con la saggezza di chi è piccolo, decise di chiamarla Capo.
Fu così che la bambina ebbe la fortuna di imparare la sua prima “lingua straniera”. Una lingua fatta di silenzi, di sguardi e di segnali, alcuni sussurrati, alcuni eclatanti. Una lingua fatta di movimenti all’unisono, appoggiati sullo stesso respiro.
Per ovvie ragioni, l’unica attività nella quale la bimba non si cimentò mai, fu quella di “leggere gli odori”.
Per anni esplorò il suo spicchio di mondo con la complicità della sua “Amica-Capo”.
La bimba comprese che la sua compagna la osservava e la studiava, che era disponibile ad imparare il significato dei suoi gesti, che si impegnava a decifrare il suo linguaggio. Capo le fece il dono di accettare le “regole umane”, rispettarle ed evitare ogni cattiva comprensione.
Quel cane le mostrò e le dimostrò la sua intelligenza e le sue abilità, la rese oggetto delle sue amichevoli attenzioni, le insegnò il gioco, la complicità e la protezione.
La bambina imparò a guardare il mondo attraverso i suoi occhi e apprese come rispettare le sue ragioni e le sue necessità.
Ma soprattutto, imparò che comunicava, eccome se comunicava!
Quel briciolo di sano intuito animale che ho ancora a disposizione, mi fa dire: “Ma quale strategia, quale metodo, quale tecnica, quale attività, potrà mai sostituirsi ad un rapporto basato sul rispetto, sull’ascolto, sulla reciproca conoscenza, sul dialogo, sulla complicità e sull’autentico piacere dell’essere insieme?”
Gli altri da noi hanno tanto da raccontare: impariamo la loro lingua, vivremo tutti più felici!
Bellissimo racconto… Profondo e di insegnamento